ECCIDIO
DEL 24 OTTOBRE 1944 - Novara, Piazza Crispi “ora Piazza Martiri”
e
Piazza Cavour
24
ottobre 1944
Quella mattinata
si verificò uno scontro fra i partigiani di "Taras"
e "Andrej" e la squadraccia" di Martino. Il
combattimento si concluse con il successo dei partigiani e con la
perdita di sei uomini da parte fascista. Rientrato a Novara, Martino,
anch'egli ferito, preparò immediatamente la vendetta.
prelevarono dal carcere Mario Soldà, coducendolo
Castelletto di Momo, dove fu impiccato , insieme a lui furono uccisi
anche Piero Protasoni, Giovanni Erbetta e il georgiano Tateladze
Sicor, furono bruciate anche alcune abitazioni,per vendicare la
sconfitta subita.
Giunti a Novara a meta pomeriggio, Pasqualy e Martino
si recarono al Castello sforzesco, precipitandosi dal direttore delle
carceri per ordinargli l'immediata consegna di alcuni
partigiani,prelevarono dalle carceri armi in pungo Lodovico Bertona,
Aldo Fizzotti e Giovanni Bellandi, portandoli in Piazza Crispi, ora
Martiri della Libertà dove alcuni mesi prima furono assassinati
altri due partigiani, ora venivano trascinate nuove vittime,i tre
vennero bastonati a sangue e successivamente fucilati. Soltanto
l'indomani fu concesso il permesso di prendersi cura dei cadaveri e
di dare loro una degna sepoltura.
Ma la squadraccia non era sazia di sangue. Le uniche
attività di questo reparto di polizia repubblichina erano i
rastrellamenti nei cascinai del basso Novarese, gli interrogatori di
terzo grado, le bastonature, le torture, le sevizie, gli incendi, i
ricatti e le taglie.
Non soddisfatti degli assassinii compiuti nella
giornata a Castelletto di Momo e in Piazza Crispi a Novara.
Rientrarono in carcere prelevando altre quattro persone, Vittorio
Aina, Mario Campagnoli, Emilio Lavizzari e Giuseppe Piccini,i quattro
furono trasferiti in Piazza Cavour dove sbattuti contro il muro di
cinta del caffè Menabrea venivano falciati dalle raffiche di mitra e
finiti con un colpo sulla nuca.
Come per i morti di Piazza Crispi, anche qui fu vietato
a chiunque di avvicinarsi ai corpi dei caduti.
I cadaveri, lasciati lungo il muro del "Menabrea"
restarono esposti alla pioggia sino al giorno seguente, quando
poterono finalmente essere rimossi e condotti al cimitero.
Per non dimenticare lo sforzo
compiuto alla lotta al fascismo